Fringe benefit mutui dipendenti 2024: come funziona?
Info, agevolazioni e interessi per i dipendenti: ecco i fringe benefit per mutui cointestati e non
I dipendenti degli istituti di credito possono beneficiare di mutui a tassi agevolati. Questo vantaggio può estendersi anche a impiegati di imprese che abbiano in essere convenzioni con banche e finanziarie. Questo beneficio, che rende meno oneroso l’acquisto di una casa, può risultare fiscalmente costoso in uno scenario di tassi in crescita. Vediamo insieme i motivi.
Fringe benefit e mutuo: cosa s’intende?
I fringe benefit sono tutti quei beni e servizi che il dipendente riceve dal datore di lavoro oltre allo stipendio. Questi benefici sono erogati dalle aziende in aggiunta al compenso monetario e hanno lo scopo di incentivare il collaboratore. Il primo esempio che si può fare quando si parla di fringe benefit sono i buoni pasto, che sono dei crediti che il dipendente può spendere per la propria spesa alimentare.
Un elenco dei principali fringe benefits può essere così definito:
- L’auto aziendale
- Gli strumenti elettronici come smartphones, tablet e pc
- Gli immobili concessi in locazione
- Le borse di studio per i familiari del dipendente
- I servizi di assistenza sanitaria complementare
- Le polizze assicurative
- I mutui e prestiti a condizioni agevolate
I fringe benefit sono ammessi e regolati dall’ordinamento italiano. Il Codice civile stabilisce che “il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura.” (Art. 2099, comma 3, Codice Civile).
In questo articolo ci concentriamo sui mutui erogati a tassi agevolati ai propri dipendenti. In linea di massima, questo è un tipo di benefit che qualunque azienda potrebbe fornire, se ha attivato una convenzione con qualche istituto di credito; nella realtà, questo è un trattamento che viene più frequentemente erogato nel settore bancario.
Fringe benefit mutui dipendenti: come funziona
L’attività principale di un istituto di credito è quella di raccogliere fondi e concedere prestiti e mutui ai propri clienti a condizioni di mercato. Lo stesso istituto può decidere di fornire questi finanziamenti ai propri dipendenti a condizioni agevolate. Il vantaggio per il dipendente è quello di poter risparmiare sul costo del prestito o del mutuo: il caso tipico è quello del mutuo per l’acquisto della prima casa il quale, a parità di durata, viene concesso a tassi di interesse inferiori rispetto a quelli disponibili sul mercato. Il risparmio per il dipendente è anche un guadagno per l’istituto che lo concede, che ottiene una maggiore fidelizzazione del dipendente.
Dal punto di vista fiscale, i fringe benefits sono considerati come reddito integrativo solo se superano una soglia minima. Il motivo è chiaro: sotto un certo valore, questi benefici possono essere considerati strumentali al lavoro svolto o trascurabili per il vantaggio economico che ne trae il beneficiario.
Attualemente questo valore ammonta a 258,23 euro che salgono a 3.000 per i dipendenti che abbiano figli a carico, come stabilito dalla Legge 85/2023. Superate queste soglie, l’intero fringe benefit si considera come reddito aggiuntivo e, come tale viene anch’esso tassato. In caso di diversi benefici, ciascun importo si somma e il totale viene confrontato con le soglie di cui sopra.
Questa regola comporta che, per mutui concessi a condizioni vantaggiose sia importante comprendere come si calcoli questo vantaggio, per capire l’aggravio fiscale per il dipendente.
Fringe benefit e interessi passivi: cosa cambia per il fisco
Prima di considerare come si calcola il fringe benefit sui mutui è bene sgombrare il campo da un possibile equivoco. Accendere un mutuo significa contrarre un debito che verrà ripagato con le rate del piano di ammortamento. Ciascuna di queste rata si compone di una quota in conto capitale, che rappresenta quella parte del debito che viene restituita periodicamente, e una quota in conto interessi, che rappresenta il costo del debito contratto.
Se le rate fossero interamente composte dalla quota capitale, il mutuatario non pagherebbe alcun costo per il debito contratto: un mutuatario che pagasse dieci anni di rate mensili da mille euro per un mutuo da 120 mila euro si limiterebbe a restituire la somma ricevuta senza costi aggiuntivi. Viceversa, un mutuo decennale da 120 mila euro, con rate mensili da 1.210 euro comporterebbe un pagamento totale di poco superiore ai 145 mila euro: i 120 mila del mutuo, più altri 25 mila di interessi passivi totali.
Questa distinzione ci è utile per parlare della differenza tra il trattamento fiscale degli interessi passivi e della dei fringe benefits.
L’ordinamento italiano agevola l’acquisto di un immobile adibito a prima abitazione. Il costo del mutuo contratto per l’acquisto dell’immobile può essere portato in detrazione sulle imposte sui redditi Irpef. Più in dettaglio, gli interessi passivi sul mutuo e sugli oneri accessori possono essere detratti con un aliquota del 19 percento su una base imponibile massima pari a 4 mila euro. Questo vuol dire che chiunque richieda un mutuo per comprare una prima casa possa avere uno sgravio fiscale.
Torniamo all’esempio precedente. Nel primo anno di ammortamento, il mutuatario pagherà un totale di quasi 4.500 euro di interessi. Di questi, solo 4.000 euro potranno essere detratti a un’aliquota del 19 percento: il reddito imponibile potrà così essere ridotto di 760 euro. Nel terzo anno, gli interessi totali saranno 3.700 euro, per una detrazione totale di 703 euro.
Cosa cambia nel caso dei mutui erogati come fringe benefits? Abbiamo detto che questi sono mutui concessi a tassi agevolati: il risparmio rispetto ai tassi di mercato è considerato una parte integrante del reddito imponibile, se il suo valore supera i 258,23 annui, o i 3.000 euro, in caso di figli a carico.
In sintesi: gli interessi passivi per i mutui sulla prima casa possono essere detratti dal reddito imponibile, per la quota che non supera i 4.000 euro, moltiplicata per il 19 percento.
Al contrario, il risparmio per i mutui concessi come fringe benefit si somma al reddito imponibile, se questo supera i 258,23 o i 3.000 euro.
Come si calcola il fringe benefit sui mutui?
Compresa la differenza con gli interessi passivi, possiamo vedere come si calcola il fringe benefit sui mutui. Il vantaggio rispetto alle condizioni di mercato si può calcolare facilmente, in questo modo:
( Tasso BCE – Tasso mutuo fringe benefit ) : 2 = Tasso Benefit
Ovvero, il Tasso Benefit è pari alla metà della differenza tra il Tasso BCE e quello effettivamente pagato dal dipendente. Si noti che, questa regola si applica tanto nel caso dei tassi variabili previsti dal mutuo benefit, quanto dai tassi fissi. Calcolato il Tasso Benefit, si può stabilire a quanto ammonta il benefit mensile così:
( Importo Residuo del Mutuo * Tasso Benefit ) : Mensilità = Benefit Mensile
Riprendiamo l’esempio del mutuo decennale da 120 mila euro. Immaginiamo che il Tasso Fringe Benefit applicato fosse un tasso fisso allo 0,5 percento e che il Tasso BCE al primo anno fosse del 2 percento, pari al valore del novembre 2022. In questo caso avremmo il tasso benefit sarebbe uguale a:
( 2,00 – 0,5 ) : 2 = 0,75 percento
e il benefit totale sarebbe pari a:
(120.000 * 0,75) = 900 euro
Nel caso di un dipendente senza figli a carico, questo importo supera la soglia dei 258,23 euro, e come tale viene interamente sommato al reddito imponibile. Poiché le rate sono mensili, il benefit totale cresce mese per mese.
Mutuo con fringe benefit: tassi e interessi
Questo metodo di calcolo può comportare un improvviso aumento della tassazione in uno scenario di aumento dei tassi di interesse. Per comprenderne il motivo dobbiamo distinguere due casi: uno, nel quale il mutuo erogato come fringe benefit è calcolato con tassi variabili; l’altro quando il tasso applicato è fisso.
Nel caso dei tassi variabili, un aumento del Tasso BCE si porterà con sé anche i tassi applicati dagli istituti di credito. Di solito un tasso variabile è calcolato prendendo come riferimento il Tasso BCE o il Tasso Euribor con l’aggiunta di uno spread. In entrambi i casi, tanto il Tasso BCE quanto il Tasso mutuo sui fringe benefit saliranno, con il risultato che il Tasso Benefit varierà di poco.
Nell’esempio appena fatto, è possibile che il Tasso Benefit non si discosti molto da quello 0,75 percento iniziale.
Nel caso dei tassi fissi, invece, a crescere sarà soltanto il Tasso BCE, mentre il Tasso mutuo sui fringe benefit resterà invariato, con un aumento proporzionale del Tasso Benefit.
Se consideriamo il valore più recente del Tasso BCE, arrivato al 4,5 percento, il Tasso Benefit arriverebbe al 2 percento, e il benefit totale salirebbe a 2.400 euro. Un aumento di oltre due volte e mezzo. Si noti poi che, il valore di un mutuo può superare anche di molto la somma di 120 mila euro presa ad esempio.
Tutto questo comporta che, in uno scenario di aumento dei tassi di interesse, un mutuo erogato come fringe benefit si traduca in un sostanziale aggravio fiscale per il dipendente che ne beneficia.
Fringe benefit e mutui contestati: cosa cambia?
Le conclusioni presentate cambiano nel caso di un mutuo cointestato? La risposta è: dipende. Se il cointestatario è anche lui dipendente, il benefit si ripartisce a metà tra i due, col risultato che questo potrebbe non eccedere il valore soglia, soprattutto nel caso di una coppia ha figli a carico. Viceversa, nel caso il cointestatario non sia dipendente, il benefit si calcolerà soltanto per il dipendente.
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